C’è una crema che più di altre riesce a evocare immediatamente conforto, tradizione e piacere ed è lo zabaione. Caldo o freddo, soffice o più denso, servito al cucchiaio o utilizzato come accompagnamento, è una preparazione apparentemente semplice che racchiude in sé tecnica, equilibrio e memoria ed è talmente versatile da essere anche mangiato in mille modi diversi e lasciare sempre soddisfatti.
Possiamo dire che è una certezze: può accompagnare biscotti secchi, pandoro e panettone, arricchire semifreddi, torte e dessert al cucchiaio, oppure diventare protagonista assoluto, servito in coppa con una spolverata di cacao o qualche frutto di stagione.
Imparare a fare uno zabaione perfetto significa entrare nel cuore della pasticceria italiana di base. È proprio attraverso ricette ben spiegate, come quelle disponibili sul sito di Académia.tv, che si può capire quanto questa crema sia una scuola di tecnica: montare correttamente i tuorli, controllare il calore, dosare lo zucchero e l’alcol, ottenere la giusta consistenza senza mai perdere sofficità. Lo zabaione è un vero e proprio esercizio di equilibrio che, una volta padroneggiato, apre la strada a infinite reinterpretazioni.
Zabaione o zabaglione?
Il primo dubbio che accompagna questa crema riguarda il nome: si dice zabaione o zabaglione? Entrambe le forme sono corrette e convivono da sempre nella lingua italiana. “Zabaglione” è la versione più antica e letteraria, mentre “zabaione” rappresenta una semplificazione linguistica entrata nell’uso comune, soprattutto nel parlato.
L’etimologia non è del tutto certa. Una delle teorie più accreditate fa risalire il termine a “Zabaja”, un condottiero del Cinquecento al servizio della Repubblica di Venezia, al quale sarebbe stata dedicata una bevanda energetica a base di uova, zucchero e vino. Il motivo, però, di questa dedica è sconosciuto.
Un’altra ipotesi guarda invece alla parola dialettale piemontese “saba”, che indica il mosto cotto, questo ci suggerisce un legame con le preparazioni dolci a base di vino. Esiste anche una pista religiosa che collega il nome a San Pasquale Baylón, santo spagnolo venerato per le sue virtù taumaturgiche, da cui sarebbe nato il termine “sanbajon”, poi italianizzato.
Al di là delle ipotesi, ciò che è certo è che il nome tramanda una storia fatta di contaminazioni culturali e linguistiche, specchio di una cucina che si è sempre arricchita grazie alle tradizioni che ha incontrato.
Storia della crema più amata dagli italiani
Qual è la storia dello zabaione? La crema affonda le sue radici tra il Rinascimento e il Seicento, in un’epoca in cui le uova erano considerate un alimento ricostituente e il vino un ingrediente nobile, spesso utilizzato anche per aromatizzare le preparazioni dolci. In origine non doveva essere un dessert, ma una sorta di crema energetica, a volte servita calda come rimedio corroborante durante l’inverno o per sostenere convalescenti e persino le donne dopo il parto.
Nel corso dei secoli, lo zabaione si è progressivamente trasformato in una preparazione più raffinata, entrando a pieno titolo nei ricettari dell’alta cucina e della pasticceria. In Piemonte e in Emilia-Romagna è presto diventato un accompagnamento classico per dolci lievitati e biscotti secchi, mentre nelle versioni più moderne viene alleggerito, aromatizzato o addirittura reinterpretato in chiave contemporanea, con l’uso di vini passiti, marsala secco o versioni analcoliche.
Oggi lo zabaione è una crema dalle mille possibilità: può ricalcare la tradizione e al tempo stesso anche la cucina moderna: può essere servito caldo come una volta, oppure freddo, montato e stabilizzato per diventare base di semifreddi, mousse e dessert al piatto dal gusto elegante.
Trucchi per preparare lo zabaione
Preparare uno zabaione a regola d’arte richiede attenzione e rispetto dei tempi. Il primo segreto è la scelta delle uova: devono essere freschissime, perché sono l’ingrediente principale e determinano sapore e struttura. Il secondo riguarda la temperatura: lo zabaione non va mai cotto direttamente sul fuoco, ma lavorato a bagnomaria, in modo che il calore cuocia lentamente i tuorli senza strapazzarli.
Un altro aspetto fondamentale è la montatura. Il composto deve essere lavorato con costanza, incorporando aria in modo progressivo, fino a ottenere una crema chiara, gonfia e vellutata. Anche lo zucchero va dosato con attenzione: troppo poco rende lo zabaione piatto, troppo lo appesantisce. Infine, l’alcol – tradizionalmente marsala – va aggiunto gradualmente, per non smontare la crema e per permettere agli aromi di amalgamarsi in modo armonioso.
Il vero trucco dei pasticcieri è la pazienza: uno zabaione perfetto non si ottiene forzando i tempi, ma accompagnando la crema verso la sua consistenza ideale.
Dolci tradizionali italiani con lo zabaione
Lo zabaione non è soltanto una crema da gustare al cucchiaio: nella tradizione dolciaria italiana diventa spesso un elemento strutturale del dessert, capace di legare consistenze diverse e di aggiungere profondità aromatica. Se gustato caldo, la nota leggermente alcolica lo rende perfetto per accompagnare dolci semplici, ma anche per impreziosire preparazioni più elaborate.
Uno degli abbinamenti più iconici e amati è quello tra zabaione caldo e pandoro. Il pandoro, con la sua mollica soffice, burrosa e leggermente vanigliata, trova nello zabaione il compagno ideale: la crema, vellutata e avvolgente, penetra nella struttura del dolce, arricchendolo di umidità e profumo. Il contrasto tra la neutralità elegante del pandoro e l’intensità aromatica dello zabaione crea un equilibrio che rende questo dessert un grande classico delle feste natalizie, spesso servito come conclusione del pasto.
Altro grande protagonista è la zuppa inglese, uno dei dolci al cucchiaio più rappresentativi della pasticceria tradizionale. In alcune versioni regionali, lo zabaione prende il posto della classica crema pasticcera o si alterna ad essa, stratificandosi con pan di Spagna imbevuto di alchermes e crema al cioccolato. Qui lo zabaione svolge un ruolo fondamentale: la sua consistenza setosa e il gusto pieno bilanciano la dolcezza del pan di Spagna e la nota amarra del cacao.
Più semplice, ma non meno evocativo, è lo zabaione con biscotti secchi, come savoiardi, lingue di gatto o paste di meliga. In questo caso la crema diventa assoluta protagonista: servita calda o tiepida, accoglie il biscotto che, una volta immerso, si ammorbidisce senza perdere completamente la sua struttura. Il risultato è un gioco di consistenze estremamente appagante.
In alcune zone del Nord Italia, lo zabaione accompagna anche la torta di nocciole o la torta margherita. Il sapore tostato della frutta secca o la delicatezza della base soffice vengono esaltati dalla rotondità dello zabaione, che aggiunge complessità senza coprire.
Infine, non si può non citare lo zabaione con frutta fresca, una preparazione essenziale ma sempre di grande soddisfazione. L’acidità naturale della frutta alleggerisce la ricchezza dello zabaione, mentre la crema avvolge il frutto valorizzandone il profumo.
Zabaione o zabaglione che lo si chiami, questa crema continua a conquistare generazioni grazie alla sua semplicità solo apparente. È una ricetta che racconta la storia della cucina italiana, fatta di pochi ingredienti e grande tecnica, di tradizione e continua evoluzione.
di Sofia Pettorelli