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CBT: Cottura bassa temperatura, cos’è e perché

Perché la CBT (Cottura bassa temperatura) è sulla bocca di tutti? Quali sono i vantaggi e perché dovremmo usarla? Vi sveliamo tutto in questo articolo! 

CBT: Cottura a Bassa Temperatura, sembra un acronimo altisonante e una modalità di cottura che fa pensare alle cucine stellate o agli chef professionisti più famosi. Questo è vero, ma a metà, perché lo stesso procedimento può essere replicato con facilità anche a casa, con elettrodomestici che quasi tutti possediamo. Ma cos’è la cottura a bassa temperatura e perché usarla?

Cottura a bassa temperatura: cos’è e quando nasce

La cottura a bassa temperatura, detta anche cottura sous vide è diventata molto comune e sdoganata negli ultimi tempi. È una tecnica relativamente semplice: consiste nel cuocere gli alimenti a temperature molto basse e costanti, di solito comprese tra i 50 e i 60 °C. Il principio che sta alla base è quello di permettere all’alimento di cuocere con calma – in quanto i tempi si dilatano, arrivando a volte anche a 24 o 48 h – attraverso il ricircolo del calore. Così facendo, si evita la dispersione dei nutrienti dell’alimento.

Per risalire alle origini della CBT bisogna fare un passo indietro e tornare alla fine del Settecento. Il fisico statunitense Benjamin Thompson fu colui che per la prima volta pensò di utilizzare l’aria calda per cuocere gli alimenti. Ma a questa sua intuizione fu dato un seguito solo intorno al 1960, anno in cui questa tecnica è stata riscoperta e applicata anche in ambito industriale, per ottimizzare la conservazione degli alimenti.

Negli anni, la cottura a bassa temperatura ha raggiunto le cucine stellate e quelle casalinghe anche grazie allo sviluppo di un’attrezzatura indicata, primo fra tutti il roner, progettato da due chef spagnoli, Joan Roca e Narcís Caner. È stato il primo dispositivo elettrico a permettere un controllo costante della temperatura durante la cottura a bagnomaria, evitando così possibili sbalzi. Oggi, in commercio, se ne trovano diversi ed è importante dirlo, sono molto semplici da utilizzare anche in casa.

Cottura a bassa temperatura: come funziona e perché usarla 

Questa tecnica è il risultato della perfetta combinazione tra basse temperature, sottovuoto e cottura a bagnomaria. Per eseguirla nel migliore dei modi basterà seguire pochi passaggi:

  • Preparazione del sottovuoto: come prima cosa bisognerà inserire l’alimento che si vuole cuocere a bassa temperatura in un sacchetto di plastica indicato per il sottovuoto. Prima di sigillarlo, si potranno aggiungere anche aromi, erbe, spezie, sale e così via, tutto ciò che può servire a insaporire l’ingrediente da cuocere. Fatto questo, si potrà sigillare il sacchetto e procedere con l’estrazione dell’aria al suo interno con l’apposita macchina per il sottovuoto.
  • Cottura: una volta pronto, si passa alla cottura. Il sacchetto potrà essere inserito in una pentola capiente e piena d’acqua che, ovviamente, dovrà raggiungere la temperatura desiderata – tra i 50 e 60 °C – per la cottura. È importantissimo, in questa fase, mantenere la temperatura dell’acqua sempre costante ed è qui che può tornare utile proprio il roner. Così come è importante immergere completamente il sacchetto all’interno della pentola che non dovrà essere completamente piena d’acqua, ma solo per i ⅔.
  • Finitura e impiattamento: trascorso il tempo necessario, l’alimento potrà essere delicatamente estratto dal sacchetto e la cottura ultimata, secondo gusti e bisogni, in padella, sulla griglia o in forno.

Va detto che è possibile cuocere a bassa temperatura anche con il forno. Le uniche differenze in questo caso saranno: l’utilizzo di una teglia oleata in cui cuocere l’alimento, (sempre sottovuoto) e l’eventuale rosolatura in padella precedente all’inserimento nel sacchetto. Questo passaggio è necessario quando si devono cuocere alimenti tagliati in pezzi molto grandi.

Ma è possibile sperimentare con le basse temperature anche in microonde. Importante, anche qui, mantenere una temperatura costante, rimanendo su una potenza di 700W. E la differenza sta nell’uso di vasi in vetro temperato al posto dei sacchetti in plastica. Si potrebbe quindi parlare di una sorta di vasocottura a bassa temperatura, una delle principali tecniche di cucina sostenibile.

I vantaggi della CBT sono numerosi. Oltre ad evitare la “perdita” delle proprietà nutritive, garantisce una cottura uniforme e soprattutto preserva il colore e il gusto dell’alimento cotto con questa tecnica. Senza dimenticarne la morbidezza: il sottovuoto e le basse temperature aiutano a evitare la dispersione di succhi o liquidi. In questo modo viene protetta la consistenza dell’ingrediente che da cotto, in bocca, sembrerà quasi sciogliersi.

Ma quali sono i cibi migliori da cuocere a bassa temperatura? La carne, in primis, sia rossa, sia bianca. Marinatura e cottura della carne sono due passaggi importantissimi, anche perché parliamo di un ingrediente che richiede tempi più lunghi in presenza di basse temperature. Vale lo stesso principio anche per il pesce, i crostacei e i molluschi, con una minima differenza nelle tempistiche rispetto alla carne. Ma le basse temperature “fanno bene” anche alle verdure e alla frutta. Utilizzando il sottovuoto questi ingredienti mantengono il loro colore vivo (anche post cottura) in quanto si evita il contatto con l’aria e la successiva ossidazione dell’ingrediente.

Non solo. La cottura a basse temperature e sottovuoto è indicata generalmente per alimenti più solidi, anche perché in loro presenza diventa più semplice e sicuro estrarre l’aria dal sacchetto in plastica. In realtà, è possibile cuocere a bassa temperatura e con l’aiuto del roner anche creme dolci e salate, comprese quelle a base di uova. Repetita iuvant: anche in questo caso i tempi si allungano, perché le creme devono avere il tempo necessario per addensarsi. Il vantaggio è quello di evitare la formazione dei fastidiosi grumi. Per i più temerari ma anche “spericolati” in cucina la sfida può essere preparare lo yogurt sottovuoto e a bassa temperatura. Per farlo serviranno solo latte intero, i fermenti lattici vivi più indicati e 12 ore di cottura a circa 43 °C (e forse anche un po’ di pazienza).

di Paola Ragno

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