La zuppa inglese è molto più di un semplice dolce al cucchiaio: dietro il suo nome si nasconde una storia tutta italiana, fatta di contaminazioni culturali, tradizioni regionali e ingredienti simbolici
Nonostante il nome possa suggerire un’origine straniera, la zuppa inglese racconta una storia tutta italiana.
È un chiaro esempio di come la cucina sia capace di rielaborare influenze esterne, trasformandole in qualcosa di autentico e locale. Dietro ai suoi strati di crema, biscotti imbevuti e un color rosso acceso si nasconde una storia molto articolata, che non attraversa solo diverse regioni italiane, ma anche interi Paesi.
Presente nei ricettari domestici, nelle trattorie storiche e nelle pasticcerie, la zuppa inglese viene considerato uno dei “dolci di casa” ed ha attraversato secoli e mode senza perdere la propria identità. Viene preparato spesso durante le occasioni familiari o i pranzi delle feste, anche per mantenere viva questa tradizione e tramandarla di generazione in generazione.
Ma quando nasce questo dolce al cucchiaio e qual è il motivo reale di questo nome?
Perché si chiama zuppa inglese
Il primo grande equivoco legato alla zuppa inglese riguarda proprio la sua denominazione. L’aggettivo “inglese” può portare fuori strada, lasciando intendere che questo dessert sia stato importato o addirittura copiato dalla tradizione britannica. Ma la realtà racconta una storia in cui la pasticceria tradizionale italiana è molto più protagonista.
Per quanto riguarda il termine “zuppa”, nella lingua italiana storica non indicava una preparazione liquida – come la intendiamo oggi – ma qualcosa di solido, di “inzuppato”, per esempio pane, biscotti o altri impasti ammorbiditi da un liquido aromatico. Per tutti questi aspetti, la zuppa inglese rientra perfettamente nella categoria.
Il riferimento all’Inghilterra è spesso messo in relazione con il trifle, un dessert anglosassone a base di crema, pan di Spagna e frutta o gelatina. È probabile che l’idea di un dolce stratificato abbia viaggiato tra le corti europee, venendo poi reinterpretata secondo il gusto italiano. Altre leggende, invece, giustificano l’uso del termine inglese nel nome come sinonimo di amante dell’alcol – come si riteneva fosse il popolo britannico – considerando la presenza di liquori nella ricetta originale della zuppa inglese.
Negli anni sono nate numerose varianti di questo dessert, maggiormente diffuso in Emilia-Romagna, Toscana, Marche, Abruzzo, Lazio e Umbria, che si differenziano in base alla regione di appartenenza, si adattano agli ingredienti disponibili e alle preferenze locali, come l’alchermes, un elemento che conferisce il classico colore rossastro e rende la sua identità riconoscibile dentro e fuori dall’Italia.
Le prime ipotesi storiche: tra Rinascimento e corti nobiliari
Le origini della zuppa inglese si collocano in un contesto storico ben preciso, quello delle corti italiane tra il Rinascimento e l’età moderna, dove la cucina era uno strumento di rappresentazione culturale e politica. Secondo alcune delle ipotesi più accreditate, il dolce avrebbe preso forma nelle cucine aristocratiche dell’Italia centrale e settentrionale, in particolare tra Emilia-Romagna e Toscana.
In questo ambiente raffinato, l’atto di “adattare” una preparazione straniera non era visto come imitazione, ma come esercizio di stile. Gli ingredienti venivano reinterpretati, le tecniche modificate e il risultato finale assumeva un’identità nuova.
Ma è nell’Ottocento che questo dolce inizia ad uscire dagli ambienti di corte, per entrare anche nelle cucine delle famiglie benestanti e iniziare il suo cammino verso ambienti sempre più domestici, umili e popolari.
Alchermes, crema e biscotti: strati semplici ma di gusto
Ma preparare una zuppa inglese, nel concreto, significa rispettare una grammatica precisa, fatta di strati ben distinti e di tempi di riposo che permettono al dolce di assestarsi e sviluppare pienamente il proprio profilo aromatico e la propria sinuosità. È un dessert che richiede pazienza e una certa dedizione in cucina.
Al centro di tutto c’è la crema, preparata con latte, uova e zucchero, talvolta divisa in due parti, una chiara e una scura (aromatizzata con del cioccolato), per creare un contrasto visivo che è diventato nel tempo uno degli aspetti più riconoscibili del dessert.
L’altro elemento fondamentale è l’alchermes, un liquore dal colore rosso intenso e dal profumo speziato, utilizzato per inzuppare i biscotti o il pan di Spagna. La sua presenza non è casuale, perché questo liquore era storicamente associato alle cucine nobiliari e alle preparazioni destinate alle occasioni importanti. Proprio la presenza di questo ingrediente, oltre a confermare l’ipotesi delle origini rinascimentali di questa ricetta, confermerebbe anche un legame della zuppa inglese con la Toscana, regione in cui l’alchermes era già molto diffuso.
I biscotti o il pan di Spagna, infine, fungono da struttura portante del dolce, assorbendo il liquore e la crema senza perdere consistenza, in un gioco di stratificazioni che richiede attenzione e misura.
Zuppa inglese: le interpretazioni regionali
Pur mantenendo una struttura di base comune, la zuppa inglese ha conosciuto nel tempo diverse interpretazioni regionali, che testimoniano la vitalità della tradizione dolciaria italiana. In Emilia-Romagna, per esempio, il dolce è legato alla cucina delle trattorie storiche e si prepara con grande attenzione alla densità della crema e alla qualità dell’alchermes. In Toscana, invece, la presenza del pan di Spagna e una maggiore sobrietà nella stratificazione riflettono un gusto diverso, più essenziale ma altrettanto rigoroso.
Queste variazioni non rappresentano una rottura con la tradizione, bensì una sua naturale evoluzione. La zuppa inglese diventa così un contenitore di memorie locali, capace di adattarsi ai contesti senza snaturarsi. È proprio questa flessibilità controllata a renderla uno dei dolci più longevi del panorama italiano, riconoscibile ovunque ma mai completamente identico a se stesso.
Come si prepara la zuppa inglese
Preparare la zuppa inglese significa soprattutto rispettare una sequenza di gesti e tempi. Si parte dalla crema pasticciera, che deve risultare liscia, consistente ma non troppo densa, così da sostenere gli strati senza appesantire il dolce. Una volta pronta, è divisa in due parti, una delle quali è arricchita con cacao o cioccolato fondente, creando il caratteristico contrasto cromatico e gustativo. I biscotti o il pan di Spagna vengono poi rapidamente immersi nell’alchermes, senza eccedere, per evitare che risultino troppo alcolici o che si ammorbidiscano troppo, rompendosi.
La composizione avviene per strati alternati: uno strato di biscotti inzuppati, uno di crema, e così via, fino a esaurimento degli ingredienti. È un’operazione che richiede attenzione, perché l’equilibrio tra parte solida e parte cremosa è ciò che distingue una buona zuppa inglese da una versione approssimativa. Dopo l’assemblaggio, il dolce deve riposare in frigorifero per alcune ore per far amalgamare i sapori e stabilizzare la sua struttura. Solo dopo questo tempo di attesa la zuppa inglese esprime appieno la sua complessità e il suo sapore.