Dalla cassata all’arancin*, passando per il cous cous, la pasta alla norma e le sarde e beccafico: la storia della Sicilia in 10 ricette
Mare, cultura, storia e natura fanno della Sicilia una delle regioni più belle della nostra penisola. Una meta sempre più turistica anche per gli stessi italiani che scelgono un turismo di prossimità. Ma è impossibile non includere la cucina nelle sue bellezze, anche perché la cucina siciliana è frutto di un mix di tradizioni gastronomiche che si sono incontrate nel corso delle dominazioni che hanno attraversato l’isola.
Storia della cucina siciliana
La cucina siciliana è stata influenzata da varie culture, in particolar modo quella greca, bizantina, araba, ebraica, spagnola e anche francese. Nelle colonie greche, per esempio, si era soliti usare nelle ricette ingredienti quali il pesce, le olive, le fave, i famosissimi pistacchi e le verdure fresche. Ai Romani si riconosce l’arrivo della coltivazione estensiva del grano e, di riflesso, della panificazione. Oltre all’uso di semi (papavero, cumino, sesamo) e alla coltivazione di uve per la vinificazione, pratica in cui la Sicilia si sta prendendo un meritato posto di prestigio. Con la dominazione araba e l’influenza musulmana arrivano le spezie (chiodi di garofano, pepe, cannella, noce moscata), ma anche albicocche, uva passa, zafferano, agrumi e riso. E il cous cous, un piatto su cui tuttora si basa l’identità gastronomica della Sicilia.
Dal canto suo, è una regione ricchissima di spezie e piante aromatiche e di coltivazioni di agrumi, principalmente arance e limoni. Ad arricchire la lista degli ingredienti-simbolo della cucina siciliana ci sono anche le mandorle e i pistacchi, il pesce, soprattutto tonno, pesce spada, polpo, seppie, e le verdure fresche, in particolar modo melanzane, peperoni e pomodori. Ma quali sono le 10 ricette che “raccontano” la cucina siciliana?
- Arancino (o arancina)
Nella parte orientale della regione si usa il genere maschile, in quella più occidentale rigorosamente il femminile. A prescindere dal genere, l’arancin* (l’uso dell’asterisco è obbligatorio) è uno dei piatti simbolo della cucina siciliana e dello street food. La coltivazione di riso è stata una delle pratiche più diffuse nell’isola, anche nell’antichità, ecco perché è un ingrediente che si ritrova in diverse preparazioni. In questa ricetta viene cotto come fosse un risotto semplice allo zafferano. A parte si prepara un ragù che in Sicilia è caratterizzato dall’aggiunta di piselli. Fatte queste due preparazioni e predisposta anche la pastella e l’olio caldo per la frittura, si potrà procedere a formare l’arancin*: prelevare un pugno di riso e modellarlo nell’incavo della mano fino a creare quasi un buco in cui andranno accolti due cucchiai di ragù e qualche cubetto di caciocavallo. Chiudere il tutto con altro riso e friggere in abbondante olio di arachidi, dopo il passaggio nella pastella e nel pangrattato per la panatura.
- Pasta alla norma
La pasta alla norma è una pasta tipica siciliana, le cui origini vengono attribuite alla città di Catania. Meno certe sono le notizie sull’origine del nome, alcuni sostengono sia un omaggio all’opera di Vincenzo Bellini, per altri è un generico riferimento al termine “norma” che indica una preparazione fatta bene, “a puntino”. Si tratta di una pasta, solitamente maccheroni o sedani, condita con pomodoro, melanzane fritte e guarnita con ricotta salata grattugiata e basilico fresco.
- Cous cous
Il cous cous (o “cuscus”) è una specialità diffusa soprattutto nella zona del trapanese. L’origine di questo piatto, oltre a essere legata alle varie dominazioni che si sono susseguite nell’isola, sembra risalire al legame che la provincia di Trapani aveva, in passato, con il Nordafrica. In questa ricetta la semola viene lavorata a mano e “incocciata” in un recipiente di terracotta, ovvero irrorata con acqua (aggiunta a poco a poco) e mescolata con le mani fino a raggiungere la giusta consistenza, non troppo bagnata. Dopo un eventuale riposo, il cuscus viene cotto a vapore in un apposito tegame di terracotta per poi essere condito. La tradizione vuole che vada aggiunta la “ghiotta”, un brodo preparato con pesce misto e crostacei, pomodoro, aglio e mandorle. Ma le varianti prevedono eventuali condimenti a base di verdure e ortaggi anche sotto forma di zuppa.
- Caponata
Le melanzane tornano protagoniste nella ricetta della caponata, una delle più famose e identitarie della Sicilia. Si tratta di una preparazione a base di ortaggi, rigorosamente fritti, uniti a una preparazione fatta con sugo di pomodoro, olive, sedano, cipolla, capperi, zucchero e aceto. La caponata nasce come antipasto o contorno, già in epoca passata era infatti consumata in accompagnamento al pane. Negli anni sono nate più di 30 varianti all’interno delle stesse province siciliane. Oltre alla versione palermitana, la più classica e fedele alla ricetta originale, c’è quella agrigentina, in cui compaiono anche i peperoni arramascati (i “friggitelli”) ma anche miele, peperoncino, melone estivo, uvetta, basilico, pinoli, pistacchio e mandorle. Oppure la messinese che si differenzia dalla palermitana per l’uso del pomodoro pelato al posto della salsa.
- Sarde a beccafico
In siciliano si chiamano “sardi a beccaficu” e sono un piatto tipico soprattutto nelle città del palermitano, messinese e catanese. L’origine del nome è legata all’antica usanza di consumare i “beccafichi”, uccelli appartenenti alla famiglia dei passeriformi, dopo averli cacciati e farciti delle loro viscere e interiora. In questa ricetta i beccafichi, in realtà, non ci sono. Al loro posto vengono usate le sarde che, dopo essere state arrotolate in un composto di pangrattato insaporito con aglio tritato, uvetta, pinoli, sale, pepe e olio d’oliva, vengono cotte al forno. Assieme agli/alle arancini/e rappresentano uno dei principali protagonisti dei mercati palermitani, come la famosissima Vucciria, e delle rispettive friggitorie. Le sarde a beccafico possono essere servite sia come secondo piatto, sia come un ricco antipasto in occasioni conviviali, cerimonie o pranzi delle feste.
- Anelletti al forno
Gli anelletti al forno sono un primo piatto tipico della Sicilia cotti, appunto, al forno. Il nome del piatto è un chiaro richiamo alla forma della pasta utilizzata, con uno spessore simile a quello di un bucatino e un diametro di circa un centimetro, simile – appunto – a un anello. Dopo essere stata cotta, la pasta viene amalgamata nel ragù “alla palermitana”, completo, quindi, di piselli e farcita con caciocavallo grattugiato e un formaggio tipico della regione, la tuma. A questo punto, il composto potrà passare in una teglia o pirofila rettangolare per procedere con la cottura al forno (per circa 40 minuti).
- Sfincione siciliano
Lo sfincione siciliano è uno dei cibi da strada più simbolici della regione. La ricetta è semplice: si parte da un impasto lievitato, simile a quello di una pizza-focaccia, che, prima di essere cotto, viene farcito con una salsa a base di pomodoro, cipolla, acciughe e origano e qualche pezzetto di formaggio: caciocavallo Palermitano, come vuole la tradizione. Anche in questo caso esistono versioni che differiscono in base alla provincia o zona di appartenenza. Nella provincia di Agrigento, per esempio, lo sfincione è farcito con patate, pomodoro, olive, cipolle e pecorino. Mentre la ricetta diffusa a Bagheria (Palermo) non prevede l’uso della salsa di pomodoro, lo sfincione è quindi in versione “bianca” e viene farcito solo con un formaggio (tuma o ricotta), acciughe e cipolline.
- Cassata siciliana
Passiamo ai dolci con Sua Maestà, la cassata siciliana. È uno dei più famosi della regione e viene preparato con un pan di Spagna, ricotta zuccherata, pasta reale, glassa e frutta candita. Inizialmente questo dolce era un prodotto della tradizione dolciaria delle monache siciliane e la sua preparazione era circoscritta al periodo pasquale. Nonostante la versione classica sia quella che tutti conosciamo, esiste anche una versione “al forno” che, secondo alcuni aneddoti storici sarebbe stata l’antesignana del dolce che oggi tutti conoscono. La cassata al forno è una torta a base di pasta frolla ripiena di crema di ricotta e cosparsa in superficie di zucchero a velo e cannella in polvere. Assenti, quindi, sia il marzapane, sia la frutta candita.
- Cannolo
Il cannolo è considerato il dolce più famoso dell’isola, dentro e fuori i confini italiani. L’impasto dell’involucro esterno, fritto e croccante, è a base di farina di grano tenero, Marsala, zucchero e strutto. Una volta lavorato, viene diviso in pezzi arrotolati su piccoli tubi di metallo che passeranno poi alla frittura, nello strutto, come tradizione vorrebbe. Cotti e raffreddati, i cannoli vengono riempiti con una crema a base di ricotta di pecora, setacciata e zuccherata, a cui vengono aggiunti canditi e gocce di cioccolato. Importantissimo: per mantenere la fragranza della cialda esterna, il cannolo andrebbe riempito solo al momento del consumo, per evitare che l’umidità della crema possa compromettere la croccantezza. In passato questo dolce veniva preparato solo nel periodo di Carnevale, con gli anni ha decisamente perso la sua “occasionalità”.
- Granita
Ultima, ma non per importanza, la granita. È un dolce fresco al cucchiaio preparato partendo da un composto liquido semi-congelato a base di acqua, zucchero e un succo di frutta (per i gusti alla frutta) oppure pistacchio, caffè o mandorla. Le origini della granita sembrano risalire alla dominazione araba e allo sherbet, una bevanda ghiacciata aromatizzata con succhi di frutta o acqua di rose, portata in Sicilia proprio dagli arabi. In passato la granita veniva consumata con del pane fresco e croccante che negli anni è stato sostituito – dignitosamente – dalla tipica brioscia catanese, quella col “tuppo”, per intenderci.
Cannolo dolce di Pino Cuttaia: iconica ricetta siciliana
Equipment
- Fruste
- Planetaria con gancio
- Mattarello
- Tirapasta
- Canne per cannolo di forma conica
- Rotella tagliapasta
- Sac-a-poche
- setaccio
Ingredienti
Per le scorze
- 100 g Farina 00
- 10 g Strutto
- 10 g Zucchero
- q.b. Cannella in polvere
- q.b. Buccia d’arancia
- 20 g Marsala
- 1 Tuorlo d’uovo
- q.b. Olio di arachidi
Per la farcia
- 250 g Ricotta di pecora
- 60 g Zucchero
Per guarnire
- q.b. Canditi d’arancia
- q.b. Pistacchi tritati
Istruzioni
- - Setacciare la ricotta all’interno di una ciotola;- Unire lo zucchero ed amalgamare bene;- Lasciare riposare per circa 30 minuti;
- - Versare nel bicchiere della planetaria: farina, zucchero, strutto, cannella, scorza di arancia, e un tuorlo d’uovo stemperato nel marsala;- Montare il gancio e impastare fino ad ottenere un composto compatto;- Lasciare riposare per 30 minuti;- Assottigliare la pasta con un mattarello, tirare al tirapasta;- Arrotolare intorno alla canna di forma conica e sigillare con tuorlo d’uovo;- Tagliare con una rotella tagliapasta;- Scaldare l’olio di frittura a 160°, quindi immergere le canne foderate di pasta;- Friggere fino ad ottenere una buona doratura;- Scolare su carta assorbente e lasciare raffreddare;- Prelevare la ricotta e setacciarla, quindi riporla in una sac-a-poche;
- - Farcire i cannoli con la ricotta;- Guarnire con pistacchi, canditi d’arancia e zucchero a velo.
Video
di Paola Ragno