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Corso di gnocco fritto su Acadèmia.tv

Viaggio Gastronomico in Emilia-Romagna 

Emilia-Romagna a tavola: 10 ricette tipiche

  1. Gnocco fritto
  2. Tigelle
  3. Erbazzone
  4. Tortelli
  5. Anolini
  6. Cappellacci
  7. Pisarei e fasö
  8. Torta tenerina
  9. Biscione reggiano
  10. Bensone

Viaggio gastronomico in Emilia-Romagna

È conosciuta anche come la Food Valley d’Italia: il Parmigiano Reggiano, la Mortadella di Bologna, il Prosciutto di Parma e l’Aceto Balsamico di Modena sono solo alcuni dei prodotti più noti, a livello internazionale, della regione protagonista di questo articolo… avete già indovinato? 

Emilia-Romagna a tavola: le 10 ricette tipiche 

L’Emilia-Romagna vanta un’importante tradizione gastronomica e culinaria, tramandata grazie anche alla presenza delle cosiddette zdore o rezdore, le donne di casa e massaie emiliane che hanno contribuito a custodire tutti i segreti della cucina del passato. Ma quali sono le 10 ricette tipiche e immancabili sulle tavole dell’Emilia-Romagna? 

Gnocco fritto 

Chiamato anche gnoc frèt in dialetto, lo gnocco fritto viene consumato insieme ai tipici affettati emiliani, accompagnati da formaggi locali e vino lambrusco. L’impasto di queste sfoglie croccanti (a forma di rombo o rettangolo) è a base di acqua, farina, sale e strutto che, secondo la ricetta tradizionale, dovrebbe essere anche il veicolo per cuocerle, o meglio, friggerle. Come spesso accade, anche lo gnocco ha le sue numerose varianti: per esempio la torta fritta parmense, il chisulèin piacentino, il pinzino ferrarese, la chizza reggiana… 

Tigelle 

Dette anche “crescentine”, le tigelle sono un pane a base di farina, latte, lievito, olio e sale. Il nome deriva dai dischi di terracotta su cui questi cerchi di pasta venivano impilati per essere cotti come da tradizione. Attualmente, la cottura viene effettuata in maniera più veloce, posizionando i dischi di pasta in macchine realizzate appositamente per questo scopo. Sempre secondo la tradizione, le crescentine andrebbero consumate ripiene di cunza (un pesto formato da un trito di lardo di maiale, aglio e rosmarino) e Parmigiano Reggiano, oppure di carne in umido (di coniglio, lepre o cinghiale). Oggi è molto comune anche abbinarci salumi, formaggi, verdure o salse, sia dolci sia salate. 

Prepararli in casa è semplicissimo, curiosi? Emanuele Simonini vi aspetta su Acadèmia.tv per insegnarvi tutto su tigelle e gnocco fritto: tutti i dettagli del corso qui

Corso di tigelle e gnocco fritto su Acadèmia.tv
Corso di tigelle e gnocco fritto su Acadèmia.tv

Erbazzone

Tipico di Reggio Emilia, l’erbazzone è una torta salata ripiena di bietole, uova e Parmigiano Reggiano. La pasta che racchiude il ripieno è un semplice impasto a base di farina e strutto ed è presente sia sul fondo che in superficie. Di solito, lo strato di pasta superiore viene cosparso di lardelli o pezzetti di pancetta e punzecchiato con una forchetta. Alcune varianti più attuali vedono, al posto della tipica foieda, l’uso della pasta sfoglia o brisée. 

Tortelli 

La parola “tortello” definisce una tipologia di pasta ripiena di forma rettangolare (di 2 o 3 cm di lato) solitamente condita con burro fuso, lardo e pomodoro o ragù. I ripieni più comuni sono a base di erbette e ricotta, zucca e amaretti oppure patate. 

Lo chef Igles Corelli, per esempio, ha preparato la sua versione di tortelli di patate e stracchino con burro montato e germogli. Vuoi scoprire come? Clicca qui

Anolini 

L’Emilia è anche la terra della pasta fresca e della pasta all’uovo e infatti, insieme ai tortelli, un piatto tipico di questa regione sono gli anolini (chiamati anche cappelletti). La pasta fresca all’uovo viene tirata a mano e riempita con una farcia a base di carne, pane o formaggio. Si possono gustare in brodo (come i tortellini) oppure accompagnati da un sugo. La forma può variare da regione a regione, di solito è circolare o semicircolare. In ogni caso, si possono preparare usando gli appositi stampi in legno, plastica o metallo. 

Cappellacci 

Ultima di questa triade di paste fresche: i cappellacci. Ciò che li contraddistingue è la forma che ricorda un cappello di paglia usato in antichità dai contadini della zona, chiamato, per l’appunto, cappellaccio. La dimensione della pasta varia tra i 4 e 7 cm. Il ripieno della sfoglia è solitamente a base di zucca violina, formaggio, pangrattato e noce moscata e ciò che distingue i cappellacci dai tortelli e anolini è che non chiamano brodo, ma un bel sugo o un ragù. 

Cappellacci di zucca, sesamo tostato, canditi d'arancio di Igles Corelli su Acadèmia.tv
Cappellacci di zucca, sesamo tostato, canditi d’arancio di Igles Corelli su Acadèmia.tv

Pisarei e fasö

Ci spostiamo nella zona di Piacenza con i pisarei e fasö, ovvero un primo piatto a base di gnocchetti di farina e pangrattato conditi con un sugo rosso preparato con fagioli, pomodoro, lardo e cipolla.  

Torta tenerina 

Passiamo ai dolci iniziando con la torta tenerina la cui invenzione, secondo la leggenda, è stata ispirata dalla regina Elena di Montenegro, moglie di Vittorio Emanuele III. In suo onore, attorno al 1900, fu creato questo impasto a base di cioccolato fondente, uova, burro e zucchero, talmente morbido da sciogliersi letteralmente in bocca ad ogni morso. 

Biscione reggiano 

È un dolce tipico del periodo invernale e natalizio. Gli ingredienti che lo compongono sono semplicissimi: mandorle, zucchero, uova e canditi. Il tutto viene cotto al forno, ma solo dopo aver dato al dolce una forma a serpente. Viene poi ricoperto di meringa in superficie, in quanto il dolce finale deve mantenere un colore bianco e avere una consistenza friabile. 

Bensone 

Chiamato anche balsone o bassolano, è un dolce di origine modenese. La ricetta originale sembra essere rimasta quasi immutata: l’impasto a base di farina, latte, uova, burro e miele ha visto solo la sostituzione dello zucchero al posto del miele. Il bensone può essere farcito con marmellata o savòr, una conserva tipica della tradizione contadina romagnola a base di mosto d’uva con frutta mista. Questo dolce viene spesso tagliato a fette e mangiato rigorosamente dopo averlo imbevuto nel vino lambrusco. 

di Paola Ragno

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