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Olio Schiralli

Intervista a Nicole Schiralli: come scegliere l’olio perfetto

Come scegliere l’olio perfetto da usare in cucina? Tutti i consigli nell’intervista a Nicole Schiralli dell’Azienda Agricola Nicole Schiralli 

“Io non vedo l’olio come un ingrediente per condire, non penso sia un condimento, penso sia proprio la parte essenziale di un piatto. Ciò che può rovinarlo o migliorarlo”.

Per questo è molto importante fare attenzione quando si sceglie l’olio da utilizzare in cucina. Lo ha raccontato Nicole Schiralli, giovanissima rappresentante dell’arte olearia italiana. Una pugliese purosangue che oggi, anche grazie al suo lavoro, gira il mondo per comunicare e diffondere la sua passione per questo prodotto.

Passione tramandata di generazione in generazione all’interno della sua famiglia: prima i nonni, poi i genitori e infine Nicole che, a soli 25 anni, ha deciso di creare una sua linea di olio EVO.

Nella sua casa di Binetto, piccolo comune della città metropolitana di Bari, l’olio di alta qualità non è mai mancato. Ed è quello che lei stessa vorrebbe non far mancare a chi apprezza questo alimento – non condimento – ma anche a chi non lo conosce così bene e, quindi, non riesce ad apprezzarlo fino in fondo. È importante dirlo: l’olio è un alimento sano, è un protagonista della dieta mediterranea e di una cucina salutare al 100%.

Ma come si sceglie l’olio perfetto? Ecco cosa ci ha raccontato Nicole durante l’intervista.

Iniziamo dalla tua storia. La passione per l’olio EVO è un affare di famiglia… ma quando è scattata questa voglia di far diventare questa passione il tuo lavoro? 

Allora tutto è iniziato più o meno nel 2020. Avevo iniziato a lavorare, facevo la commessa, un lavoro normalissimo, e avevo in mente un’etichetta che volevo realizzare. Quindi era prettamente una cosa grafica. Poi, dopo aver parlato con mio padre, ho un po’ cambiato idea… non sull’etichetta in sé, che avrei comunque fatto, ma sul fatto di farla per l’azienda di famiglia. In quel momento ho deciso di aprire un’azienda tutta mia, anche perché lì avrei avuto la possibilità di fare l’olio nella maniera in cui volevo farlo io. La mia idea era realizzare un prodotto di estrema qualità e così facendo avrei potuto gestire tutto in autonomia.

Un’altra cosa che mi ha spinta a fare questo passo è il mio amore per il cibo. Io ho sempre amato molto mangiare, ma non ho mai cucinato. Nel 2017 sono andata a convivere con il mio ragazzo – di quei tempi – e lui sapeva fare ancor meno di me ai fornelli. Quindi un po’ per spirito di sopravvivenza ho capito che mi sarei dovuta sbloccare. Così ho iniziato a cucinare e a capire cosa mi piace e cosa mi piace meno. Fino a quando non mi sono resa conto di quanta importanza può avere l’olio in un piatto, è un ingrediente base di un piatto. Se presenta dei difetti questi stessi difetti vanno a finire in ciò che prepariamo. Poi mio papà sicuramente mi ha trasmesso tutta la passione per questo lavoro, perché alla fine la produzione l’abbiamo sempre fatta io e lui insieme.

Ma come si riconosce un buon olio d’oliva? Un prodotto buono può anche essere più “industriale”? 

Io di solito divido i prodotti in due categorie: ci sono i prodotti più “mediocri” e quelli di qualità. Nel caso dell’olio extravergine si può parlare di qualità di fronte a un prodotto che definirei perfetto, senza difetti e con un gusto particolare che è quello che il produttore conferisce al prodotto finale, in produzione e regolando i frantoi. Nella lavorazione è importante dare il gusto che si vuole dare all’olio perché alla fine è qualcosa che parla di te. È come una canzone. E secondo me è in grado di riflettere il sapore che il produttore o la produttrice vuole ottenere e che preferisce.

Io lo noto, cioè vedo che se mio babbo fa l’olio viene in un modo, se lo faccio io viene in un altro modo. È quasi come se prendesse un volto, un carattere. Quando si parla di cose industriali secondo me vengono meno alcune attenzioni, penso per esempio alla parte di pulizia dei frantoi e questo fa una grande differenza nel prodotto finale. Nelle industrie un po’ più grandi la quantità, come dire, supera la qualità.

Quali sono gli accorgimenti per scegliere il prodotto migliore, anche, magari, al supermercato? 

Partiamo dal fatto che le etichette comunque sono tutte uguali, nel senso che i valori nutrizionali sono unici. Si può fare attenzione alla provenienza delle olive, sicuramente, e controllare che sia veramente olio italiano e che non siano state utilizzate olive di provenienza extra UE.

Poi c’è un po’ un tema di fiducia. Chi fa un prodotto artigianale non vende al supermercato perché non riuscirebbe neanche a entrarci, penso ai costi ma anche a una questione di quantità piuttosto elevate. Se posso consigliare una cosa è che magari, prima di acquistare un olio al supermercato, ci si può documentare sull’azienda. È importante leggere la sua storia o capire qual è l’iter di produzione. In questo modo un prodotto non di qualità si riconoscerebbe facilmente.

In generale, penso ci sia molta disinformazione. Non è come per il vino, hanno fatto e fanno così tanta informazione che la maggior parte delle persone ormai sa come conoscere un prodotto buono. Per l’olio dobbiamo ancora lavorarci un po’. Poi c’è sicuramente un’altra cosa a cui fare attenzione al supermercato: il prezzo. Avendo i mezzi per cercare di capire qual è il prezzo dell’olio, ogni anno, se il prezzo del prodotto spacciato per qualcosa di qualità è inferiore a un tot/L non può essere olio extravergine d’oliva, è impossibile.

E potrebbe non essere olio extravergine italiano. Poi bisogna calcolare anche il costo della bottiglia, dell’etichetta, dei materiali in generale, senza dimenticare quello dei dipendenti che ci lavorano.

Ma come si usa in cucina? Come si apprezza al meglio un buon olio EVO?

L’olio di base è molto amaro, molti ancora lo odiano. La realtà è che è giusto che sia così. Una delle prime cose che mi ha fatto fare mio padre è stata assaggiare un’oliva. Mi ha portata vicino ad un albero e mi ha fatto mangiare un’oliva. Io l’ho mangiata e l’ho praticamente sputata: era amarissima!

In tutta risposta mio padre mi ha detto “capisci, Nicole?”, perché non si può ottenere un olio dolce quando la materia prima è amara. Se questo accade e in commercio ci sono olii EVO dolci vuol dire che c’è qualcosa che non funziona. O che qualcosa è stato trasformato in altro.

Poi, secondo me, bisogna anche capire come dosare il prodotto nel piatto. Per esempio, uno dei miei piatti preferiti che ultimamente cucino ripetutamente sono gli spaghetti all’assassina (piatto tipico della cucina barese e della cucina pugliese). Per me l’olio qui è fondamentale, perché si vanno praticamente a friggere leggermente gli spaghetti nell’olio e nella passata di pomodoro. Ma anche se penso alle orecchiette con le cime di rapa. Un filo d’olio a crudo è la “chiusura” perfetta. E le tartare? In alcuni ristoranti mi hanno servito un piatto con una materia prima e una carne di altissima qualità e poi hanno rovinano tutto con un olio che probabilmente non era un extravergine. È un po’ come il tartufo, se ci metti qualche preparazione più chimica lo senti subito e rovina tutto.

Io faccio l’olio e lo amo ma quando esagerano con l’olio nei piatti non ne trovo il senso.

Di base, però, penso che in cucina sia fondamentale. Io non lo vedo come un un ingrediente per per condire e non penso sia un condimento. Penso che l’olio sia proprio la parte essenziale di un piatto, cioè ciò che può rovinarlo o migliorarlo. E bastano 3 secondi.

 

di Paola Ragno

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