Dal celebre “Riso oro e zafferano” al “Dripping di pesce”: scopriamo le opere più iconiche del Maestro Gualtiero Marchesi e il significato che le ha rese (tutte) leggendarie
Quando si parla di alta cucina italiana, il nome di Gualtiero Marchesi spicca come quello di un vero maestro. Considerato il padre della cucina italiana contemporanea, Marchesi non è stato solo un innovatore dei sapori, ma anche un pioniere dell’estetica gastronomica. Per lui, la cucina era una forma d’arte a tutti gli effetti, un dialogo tra gusto, colore e forma.
La parte estetica è stata sempre importante, al pari del gusto. Molti dei suoi piatti più celebri, infatti, sono omaggi visivi all’arte moderna e al design italiano, in cui la bellezza diventa parte integrante dell’esperienza gastronomica. Dai richiami a Jackson Pollock e Kandinskij, fino al minimalismo di Lucio Fontana, i suoi piatti raccontano un viaggio tra arte, design e sapori. Un viaggio che potete fare insieme a noi, pronti?
Gualtiero Marchesi: l’arte nel piatto
Ma parliamo di Gualtiero Marchesi (1930-2017). È stato molto più di uno chef, è stato un visionario, capace di trasformare la cucina in un linguaggio estetico e culturale. Primo italiano a ricevere le tre stelle Michelin, ha rivoluzionato la gastronomia nazionale puntando su concetti allora inediti come la sottrazione, la purezza degli ingredienti e la valorizzazione visiva del piatto. Ha formato molti chef oggi famosi, tra questi Carlo Cracco, Davide Oldani, oggi celebre per la sua cucina pop, e Andrea Berton, per citarne alcuni.
Fin dall’inizio della sua carriera, Marchesi ha mostrato il suo forte legame con il mondo dell’arte contemporanea e del design. Anche perché è cresciuto in una famiglia colta e amante della musica e dell’arte e la sua ricerca di ispirazione al di fuori della cucina è sempre stata piuttosto innata. Dai quadri alle installazioni, fino ad arrivare all’architettura: le fonti che lo hanno ispirato sono tantissime. Ma l’idea alla base dei suoi ragionamenti creativi era solo una: il piatto non deve solo essere buono, ma anche bello, capace di emozionare anche con lo sguardo.
Questa visione lo ha portato a collaborare con artisti, designer e intellettuali del calibro di Bruno Munari, Mimmo Paladino, Aldo Cibic, e a concepire piatti che sembrano veri e propri quadri. Per Marchesi, “la semplicità è complessità risolta”, e questa filosofia è alla base del suo stile inconfondibile, che tutti descrivono come lineare, elegante, essenziale.
Il “Riso oro e zafferano” (1981)
Se esiste un piatto capace di rappresentare l’intera filosofia di Gualtiero Marchesi, è senza dubbio il riso oro e zafferano. Creato nel 1981 quasi per caso, sotto richiesta di un cliente del ristorante in cui lavorava allora, questo risotto è un manifesto di eleganza, essenzialità e raffinatezza, e ha segnato una svolta epocale nel modo di concepire la cucina italiana.
Alla base c’è una ricetta tradizionale, ovvero il classico risotto alla milanese. Ma Marchesi lo rielabora in chiave minimalista, eliminando il midollo, riducendo al minimo il condimento e soprattutto aggiungendo una foglia d’oro alimentare dalla forma quadrata al centro del piatto. Il risultato è sorprendente perché così è nato un piatto che brilla letteralmente, dove l’oro non ha sapore, ma un valore totalmente simbolico. Con questo piatto, Marchesi ha elevato la cucina a una nuova forma d’arte visiva, dove ogni elemento ha una funzione estetica, oltre che gustativa.
Il “Dripping di pesce” (2010)
Con il Dripping di pesce, Marchesi rende omaggio a uno degli artisti più iconici del Novecento: Jackson Pollock, maestro dell’action painting. Il piatto nasce come reinterpretazione concettuale della tecnica pittorica del dripping o sgocciolamento. In sostanza il colore viene fatto colare sulla tela con gesti istintivi e dinamici.
Nel piatto di Marchesi, la tela è il piatto stesso: una superficie bianca rappresentata da una delle salse madri, ovvero una maionese leggera, su cui vengono adagiati dei calamaretti e delle vongole, il tutto accompagnato da salse di colori vivaci. C’è il rosso della passata di pomodoro, il nero del nero di seppia, il verde della maionese alla clorofilla di prezzemolo. Ma è al momento dell’assaggio che questa composizione prende vita, diventando un’opera che richiama proprio lo stile dell’artista statunitense. Le linee e i punti di colore si intrecciano e così facendo creano contrasti, generano un’immagine astratta ed emozionale.
Il gusto è raffinato, ma è sicuramente la vista ad avere la meglio: non esiste un centro, non esiste simmetria. Proprio come nei quadri di Pollock, lo spettatore (o in questo caso il commensale) è chiamato a perdersi nel caos apparente di un’opera che si costruisce nell’attimo del gesto.
“Rosso e nero” (2011)
Lucio Fontana è celebre per aver tagliato la tela, spezzando la superficie pittorica per aprirla a una nuova dimensione spaziale. Gualtiero Marchesi interpreta questa rivoluzione artistica con un piatto che è, a tutti gli effetti, una scultura culinaria ricca di contrasti visivi.
Il piatto è la tela su cui sono stati adagiati dei pezzetti di coda di rospo ricoperti da una maionese al nero di seppia e poggiati su una salsa al pomoodoro fredda (come un gazpacho) e molto piccante. L’estetica resta comunque minimalista, monocromatica, silenziosa. Il taglio non serve solo come decorazione, ma come gesto concettuale: è l’elemento che spezza l’armonia per creare una nuova forma. Questa ricetta riflette l’idea di Fontana secondo cui “la materia non è tutto, c’è anche lo spazio”.
Così Marchesi costruisce un piatto dove il vuoto ha valore tanto quanto il pieno, e la rottura non è un difetto, anzi, lo arricchisce, rendendolo unico al mondo.
“L’insalata di spaghetti al caviale” (1985)
L’insalata di spaghetti al caviale di Gualtiero Marchesi è l’emblema di come la semplicità possa trasformarsi in un’opera di design gastronomico.
Il piatto si presenta come un nido ordinato di spaghetti, appena conditi con burro e limone, sormontato da una generosa cucchiaiata di caviale. Nessuna decorazione superflua, nessun elemento di disturbo, pochi colori tenui. Questo piatto richiama solo la perfezione delle proporzioni, il contrasto cromatico tra l’oro pallido della pasta e il nero lucido del caviale, l’equilibrio assoluto tra forma e funzione.
La composizione è ispirata al mondo del design industriale e all’estetica del funzionalismo secondo cui ogni elemento deve essere presente per una ragione ben precisa. E Marchesi ha dimostrato che la cucina può raggiungere l’eleganza assoluta senza effetti speciali, semplicemente rispettando le regole del gusto, della proporzione e dell’armonia.