Parlare con la bocca piena: parole e linguaggio da usare a tavola con i bambini
Come si insegna ai bambini a stare a tavola? Ecco cosa dire (e non dire) quando si mangia
Siamo stati tutti piccoli e (forse) tutti siamo stati almeno una volta un po’ più “vivaci” del solito a tavola. Abbiamo sentito i nostri genitori dire spesso “stai composto”, “non parlare con la bocca piena”, “non alzarti fin quando non finisci di mangiare quello che hai nel piatto” e probabilmente abbiamo risposto con una smorfia (o in lacrime).
Scherzi – e ricordi – a parte, insegnare un buon galateo ai più piccoli è importantissimo e l’esempio dovrebbe arrivare proprio dalla tavola e dagli adulti che fanno loro compagnia. Vediamo alcune regole da seguire per parlare bene, anche a tavola.
Educazione a tavola: il “galateo” per i più piccoli
La parola “galateo” può avere un suono un po’ forte, forse, quando si parla di bambini. Prima di parlare di regole, anzi, consigli, è importante fare una premessa: il primo step in questo percorso educativo è cercare di insegnare ai piccoli che mangiare è anche un piacere e un momento di cui godere, non solo un atto da fare per la nostra mera sopravvivenza. Di solito si inizia a farlo dagli 8-10 anni, prima di questa età mangiare, per loro, è una cosa da fare velocemente per tornare alle cose più importanti: giocare e divertirsi.
- Ecco il primo consiglio per gli adulti: dare sempre l’esempio. Se i più piccoli vedono i più grandi rimanere più tempo a tavola, anche dopo aver finito cioè che hanno nel piatto, saranno più inclini a farlo anche loro. Se questo non dovesse accadere, i giochi possono essere d’aiuto: portare a tavola un piccolo pupazzo o un pezzo del loro gioco preferito e rassicurarli sul fatto che, una volta finito il pasto, potranno tornare a giocare sereni, potrebbe tranquillizzarli molto. E sempre per dare il giusto esempio, usare le parole “grazie”, “prego”, e “per favore”, non dire mai “che schifo” davanti a una pietanza o non parlare con la bocca piena verrà sicuramente più naturale anche ai bambini, se davanti a loro hanno adulti che lo fanno e che, per questo, possono imitare.
- Altra cosa da tenere a mente: il cibo non è un obbligo, un compito e nemmeno un obiettivo o una ricompensa. Quindi, mai usare frasi del tipo “mangia tutto quello che hai nel piatto” oppure “se mangi tutto mamma e papà sono contenti”, perché caricherebbe il/la piccolo/a di una frustrazione, nel primo caso, o una responsabilità, nel secondo, non necessarie.
- Mai mettere fretta. Mangiare è un piacere, richiede il giusto tempo e anche se i bambini di solito sono piuttosto veloci nel farlo, non significa che gli adulti debbano “peggiorare” le cose. Inutile metter loro fretta con frasi del tipo “finisci che dobbiamo andar via”, la pazienza è fondamentale.
- Come far mangiare le verdure ai bambini? Sicuramente non ingannandoli. Ammettere di nascondere le verdure nei loro piatti, per esempio, non è la giusta strategia. Anche perché inserirle, a poco a poco, nei piatti è possibile, così com’è possibile non limitare la cucina per bambini ai soli bambini, ma preparare la stessa pietanza per tutti gestendo i pasti nella maniera corretta. E magari anche farli approcciare, al contrario, a una cucina più vegetale.
- Meno giudizi e più informazione. L’uso del linguaggio a tavola cambia davvero la convivialità del momento, quindi usare meno “giudizi” – è buono, cattivo, fa ingrassare, fa male… – e aumentare le informazioni su quello che si sta mangiando o sulle sensazioni che si provano assaggiando un piatto, possono arricchire il pensiero dei più piccoli, oltre al loro vocabolario. Descrivere colori, odori, consistenze e sapori può aiutare anche a superare quegli atteggiamenti selettivi, per esempio quelli che causano un rifiuto – spesso a priori – delle verdure.
- Raccontare, chiacchierare e argomentare. La tavola è anche uno spazio perfetto per parlare (ovviamente non con la bocca piena!) e conversare di mille argomenti e il cibo può essere il primo della lista. Le storie, leggende o tradizioni legate a un alimento o un piatto – ovviamente se conosciute – possono incuriosire i più piccoli e sono un modo per parlare con loro e fare “cultura” attraverso narrazioni molto semplici e spesso curiose.
- La cucina è il luogo del rispetto verbale. Parlare, scherzare, conversare: è tutto permesso ma sempre senza prevaricare l’altro, zittirlo o contraddirlo. Vale anche per i bambini e con i bambini, bisogna sempre trovare il giusto tono per non trasformare la tavola in un campo di battaglia e non far “vincere” i capricci.
- Farsi aiutare in cucina. Collaborare in cucina per preparare quello che si dovrà portare a tavola può essere utile per lavorare sull’aspetto della narrativa, del linguaggio e per far imparare a poco a poco ai più piccoli come nasce un piatto (o per lo meno averne un’idea). Ovviamente parliamo di azioni semplicissime come lavare le verdure, scegliere il formato di pasta in dispensa e – se abbastanza grandi per farlo – magari anche aiutare l’adulto/a a tagliare qualche ingrediente o a mescolarli. Fa tutto parte di un coinvolgimento che, più diventeranno grandi, più renderà loro autonomi, sia a tavola, sia in cucina.
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di Paola Ragno