Dicembre 2025 sarà per sempre ricordato non solo per il suo Natale di lucine, panettoni e cene interminabili, ma anche per una notizia che aspettavamo da tempo:la cucina italiana è ufficialmente riconosciuta patrimonio immateriale dell’umanità dall’UNESCO!
Il riconoscimento dell’UNESCO non riguarda soltanto luoghi e monumenti: da anni l’organizzazione tutela anche tradizioni culinarie, rituali gastronomici e stili di vita legati al cibo.
Tra le cucine o tradizioni alimentari già iscritte figura ad esempio lo stile di vita della Dieta Mediterranea, condivisa da Italia, Spagna, Grecia, Marocco e altri paesi del Bacino e riconosciuta come patrimonio immateriale nel 2010.
Altre tradizioni culinarie rappresentate includono pratiche come la preparazione di piatti, cerimonie e culture alimentari diffuse nel mondo: in totale sono oltre cinquanta le tradizioni gastronomiche nel catalogo UNESCO, alcune di esse condivise tra più nazioni.
Questo ci mostra come non sia raro che intere tradizioni gastronomiche, che non riguardano un solo piatto, vengano riconosciute come patrimonio da salvaguardare a testimonianza del valore del cibo come cultura, memoria e identità collettiva.
Ingredienti, zone e ricette italiane già patrimonio UNESCO (e cosa vuol dire davvero)
In Italia non è la prima volta: un esempio significativo è l’Arte del pizzaiuolo napoletano, già iscritta alla Lista Rappresentativa UNESCO. Questo riconoscimento riguarda non la pizza come piatto in sé, ma i gesti, le tecniche, la cultura del pizzaiolo: l’impasto, la lievitazione, la cottura nel forno a legna, il lancio e la stesura della pasta, l’uso di ingredienti precisi secondo tradizione.
Ci sono dunque casi in cui non una intera “cucina nazionale”, ma singole pratiche culinarie, radicate, complesse e ovviamente tramandate, ottengono il riconoscimento UNESCO. Questo conferma la consapevolezza che il valore del cibo non sta solo nel gusto, ma nella storia, nella tecnica, nella trasmissione generazionale.
Così, ingredienti, ricette o tecniche legate a specifiche zone diventano testimoni di identità culturali uniche e meritevoli di tutela.
Il percorso verso il riconoscimento: candidatura, dossier, sostenitori
Il progetto per far riconoscere l’intera cucina italiana come patrimonio immateriale nasce da un’idea ambiziosa: non un singolo piatto, non una ricetta, ma un modello culturale fatto di gesti, tradizioni, convivialità, saperi antichi e quotidiani.
Il dossier, intitolato “La Cucina Italiana, tra sostenibilità e diversità bioculturale”, è stato ufficialmente presentato dallo Stato italiano nel 2023, grazie a una proposta congiunta del Ministero della Cultura e del Ministero dell’Agricoltura.
Alla guida dell’iniziativa c’è stata la rivista storica La Cucina Italiana, ed in particolare la sua direttrice Maddalena Fossati, che si è fatta portavoce del progetto fin dai primi passi.
Accanto a lei, una serie di ambasciatori del gusto tra chef e grandi nomi della gastronomia italiana che hanno sostenuto la candidatura, convinti dell’importanza di dare valore all’intera cultura culinaria italiana, fatta di regioni, sapori locali, tradizioni familiari e innovazione. Tra questi, Massimo Bottura, Davide Oldani, Antonia Klugmann, Carlo Cracco, Niko Romito e Antonino Cannavacciuolo: tutti uniti dall’idea che la cucina italiana non sia solo gusto, ma memoria, identità e arte.
È stato un percorso fatto di ricerca, testimonianze, collaborazione tra istituzioni, cultura e territorio. Un percorso che oggi, con il via libera tecnico dell’UNESCO, è arrivato al primo traguardo. Sottolineiamo “primo” perché da oggi, prendersi cura della cucina italiana nella sua complessa definizione, è compito di tutti.
Cosa significa che la cucina italiana è patrimonio dell’UNESCO
Riconoscere la cucina italiana come patrimonio immateriale significa molto più di un titolo:
- Valorizzazione globale: la cucina italiana non è più solo un insieme di ricette apprezzate, ma un vero e proprio tesoro culturale di cui Italia, ma anche il mondo, si fa custode.
- Tutela e trasmissione: riconoscimento formale implica la protezione delle tradizioni, delle tecniche, delle pratiche legate al cibo perché non vadano perdute, ma vengano tramandate alle nuove generazioni.
- Rispetto per biodiversità, stagionalità e comunità locali: la cucina italiana diventa simbolo di sostenibilità, legame con il territorio, conoscenza delle materie prime, rispetto delle radici.
- Orgoglio e consapevolezza collettiva: ogni pasta fatta a mano, ogni sugo cotto lentamente, ogni piatto condiviso assume un valore più grande. Non è solo cucina, è patrimonio di storia, cultura e comunità.
Mangiare, cucinare e condividere sono gesti che continueremo a compiere ma con più consapevolezza e identità.
E adesso cosa succede? E cosa può cambiare davvero?
La cucina italiana è diventata un bene immateriale di tutti. Non più solo una ricchezza nazionale, ma un patrimonio dell’umanità.
Significa che la cucina italiana non è uno stereotipato folklore romantico o da cartolina: è un tessuto vivo, in continua evoluzione, che unisce generazioni, regioni, famiglie. È rituale, identità, quotidianità. È la consapevolezza che ogni piatto è una storia, un territorio, una comunità.
Significa responsabilità, preservare le tradizioni, rispettare gli ingredienti, valorizzare i piccoli produttori, mantenere il legame con la terra, l’origine, i sapori autentici. Significa far parte di qualcosa di più grande.
La cucina italiana, fatta di profumi, sapori, gesti e cuori pieni di tradizione, non è mai stata così importante.
E adesso, a lavarsi le mani, è pronto!
di Claudia Concas