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Comacchio vs Napoli: le differenze tra anguilla e capitone

Il Natale in Italia non è solo una festa, ma un mosaico di tradizioni gastronomiche profondamente radicate. Ogni città, ogni regione, porta in tavola piatti simbolici che raccontano storie di mare, di campagna e di convivialità. In molte zone del Nord, come in Emilia-Romagna e in Veneto, il Natale profuma di brodi ricchi, cappelletti e arrosti; al Sud dominano il pesce (sapete come riconoscere un buon pesce spada?), i fritti e i grandi piatti della vigilia. In questo panorama così variegato, anguilla e capitone occupano un posto speciale: due ingredienti spesso citati insieme, a volte confusi, ma profondamente legati a tradizioni locali ben precise.
A Comacchio l’anguilla è un simbolo identitario; a Napoli il capitone è protagonista indiscusso della Vigilia di Natale. Due luoghi lontani, due cucine molto diverse, unite però da una passione antica per questo pesce particolare e ricco di significati.

Comacchio e Napoli: cosa hanno in comune

Comacchio e Napoli sembrano non avere nulla in comune: la prima è una piccola città lagunare, a metà tra acqua dolce e salmastra, la seconda è una grande metropoli affacciata sul Tirreno, cuore pulsante della cucina mediterranea. Eppure, entrambe condividono un rapporto profondo con questo elemento e con i suoi prodotti, in particolare con l’anguilla e il capitone.
A Comacchio, la pesca dell’anguilla è da secoli una risorsa economica e culturale fondamentale, caratterizzata da tecniche tradizionali come i lavorieri. A Napoli, invece, il capitone è diventato un simbolo rituale, legato al Natale e alla Vigilia, carico di significati scaramantici e religiosi. In entrambi i casi, non si tratta solo di cibo, ma di identità, memoria collettiva e celebrazione.

Anguilla e capitone

Dal punto di vista biologico, anguilla e capitone appartengono alla stessa specie, Anguilla anguilla. La differenza principale non è “che pesce è”, è piuttosto in che fase della vita si trova.
Qual è quindi la differenza?

Con il termine anguilla si indica generalmente l’esemplare di dimensioni più contenute, mentre capitone è il nome tradizionale dato alla femmina adulta, più grande e più grassa, pronta alla migrazione riproduttiva. Questa distinzione ha assunto nel tempo un valore gastronomico e simbolico, soprattutto nel periodo natalizio.
Il Natale, infatti, è un momento di passaggio, di rinnovamento, e l’anguilla–capitone, animale che ricorda il serpente è stata caricata di significati che vanno dalla prosperità alla vittoria sul male, rendendola un piatto perfetto per la tavola delle feste.

Le differenze tra anguilla e capitone

Le differenze tra anguilla e capitone riguardano principalmente dimensioni, contenuto di grasso, consistenza della carne e utilizzo in cucina. Il capitone è più grande, più lungo e decisamente più grasso; la sua carne è ricca, intensa, ideale per preparazioni decise come la frittura. L’anguilla, invece, soprattutto quella delle Valli di Comacchio, ha una carne leggermente più compatta e un gusto più equilibrato, che si presta anche a cotture lente e a lavorazioni di conservazione.
Ciò che li accomuna è la struttura della carne, soda e untuosa, e un sapore caratteristico, che richiede tecnica e molta conoscenza per essere valorizzato al meglio.

L’anguilla

L’anguilla vive in ambienti molto particolari: lagune, fiumi, valli salmastre. Quella di Comacchio è famosa perché cresce in un ecosistema unico, dove acqua dolce e salata si mescolano, conferendo alla carne caratteristiche inconfondibili. Ha un corpo allungato, serpentino, una pelle spessa e viscida e una carne ricca di grassi “buoni”.
Dal punto di vista del sapore, il gusto è intenso ma armonico, con una consistenza che diventa fondente dopo la cottura. È un pesce che richiede lavorazioni attente, a partire dalla pulizia, ma che regala grandi soddisfazioni in cucina.

Capitone

Il capitone è, come detto, l’anguilla femmina in fase adulta. Viene pescato soprattutto in mare o nelle acque costiere durante l’inverno, periodo in cui raggiunge le dimensioni maggiori.

È più lungo, più spesso e molto più grasso dell’anguilla “giovane”.
La sua carne è estremamente saporita, ricca e persistente, con una texture morbida che tende a sciogliersi in bocca. A Napoli è diventato un simbolo natalizio anche per il suo valore simbolico: la forma ricorda il serpente, e mangiarlo alla Vigilia rappresenta la sconfitta del male e l’augurio di prosperità.

Anguilla e capitone in cucina

Cucinare anguilla e capitone non è affatto semplice perché significa saper gestire il grasso, che è allo stesso tempo una risorsa e una sfida tecnica. Infatti, le tecniche come la griglia, la frittura e la marinatura servono proprio a bilanciare questa ricchezza. E come accompagnamento, la tradizione insegna che non bisogna coprire il sapore, ma accompagnarlo con acidità, erbe aromatiche o cotture che ne esaltino la struttura.

Come cucinare il capitone

Cucinare il capitone significa confrontarsi con una materia prima intensa, grassa e con un’identità molto forte, che richiede rispetto, tecnica e una buona conoscenza delle tradizioni. Nella cucina napoletana, il capitone non è semplicemente un piatto: è un rito che si ripete ogni anno, soprattutto durante la Vigilia di Natale, quando viene preparato come simbolo di buon auspicio e abbondanza.

Il primo passaggio fondamentale è la pulizia, che deve essere accurata. Se preferite fare tutto da soli, dovrete essere pronti perché va eviscerato con attenzione, privato della testa e tagliato in tranci regolari. È importante eliminare il sangue in eccesso e lavare bene i pezzi, spesso con acqua e limone o aceto, per attenuare eventuali sentori troppo forti. Questo passaggio è cruciale per ottenere un gusto più pulito e armonioso.

La frittura è senza dubbio la preparazione più iconica. I tranci vengono leggermente infarinati e immersi in olio profondo ben caldo. Il segreto? Saper controllare la temperatura: l’olio non deve essere né troppo freddo, per evitare che il capitone assorba grasso, né troppo caldo, per non bruciare l’esterno lasciando l’interno crudo. Il risultato ideale è una superficie dorata e croccante che racchiude una carne morbida, succosa e dal sapore deciso. Il contrasto tra crosta e interno è ciò che rende il capitone fritto così godurioso.

Accanto alla frittura, esistono preparazioni più delicate e contemporanee, come il capitone al forno o in umido. Al forno viene spesso aromatizzato con alloro, agrumi e vino bianco, che aiutano a bilanciare la naturale untuosità della carne. La cottura lenta permette al grasso di sciogliersi gradualmente, regalando una consistenza fondente e un gusto profondo ma meno aggressivo rispetto alla frittura.

Dal punto di vista degli abbinamenti, il capitone ama sapori semplici ma decisi: contorni di verdure amare, come cicoria o scarola, agrumi, oppure una classica insalata di rinforzo napoletana. L’acidità e la freschezza servono a contrastare la ricchezza del piatto, donando equilibrio al tutto.

Come cucinare l’anguilla

L’anguilla, soprattutto quella delle Valli di Comacchio, racconta una cucina diversa, più legata al territorio, alla conservazione e alla pazienza. Qui la preparazione non è mai frettolosa (sapete che è uno degli ingredienti più amati dagli chef giapponesi?): ogni passaggio è studiato per valorizzare una carne ricca ma sorprendentemente elegante.

Anche in questo caso, la pulizia è un momento chiave. L’anguilla va spellata o raschiata accuratamente, eviscerata e tagliata in pezzi, facendo attenzione a eliminare il sangue. Questo lavoro preliminare incide in modo determinante sulla qualità finale del piatto e per questo serve tanta pratica, se non siete esperti noi di Académia.tv vi consigliamo di chiedere una mano al pescivendolo.

Una delle preparazioni più celebri è l’anguilla alla griglia, cotta lentamente su brace o piastra. La grigliatura permette al grasso di sciogliersi e colare, lasciando una carne saporita ma non eccessivamente pesante. Il calore diretto dona note affumicate che esaltano il gusto naturale dell’anguilla, rendendola intensa ma mai stucchevole. Spesso viene semplicemente salata e accompagnata da polenta, in un connubio che parla di tradizione e semplicità.

Ancora più rappresentativa è l’anguilla marinata, vero simbolo di Comacchio. Dopo una prima cottura, generalmente alla griglia o fritta, l’anguilla viene immersa in una marinatura a base di aceto, vino, alloro e spezie. Questo passaggio non serve solo a conservarla, ma a trasformarne completamente il gusto: l’acidità bilancia il grasso, la carne diventa più compatta e il sapore si fa complesso e più raffinato.

Dal punto di vista degli abbinamenti, l’anguilla sta meglio con contorni semplici ma strutturati, come polenta, pane rustico o verdure dolci. Il vino ideale è spesso un bianco secco e fresco, capace di pulire il palato e accompagnare la persistenza del piatto.

Anguilla e capitone sono due volti della stessa storia: quella di un pesce antico, carico di simboli, che ha saputo radicarsi in tradizioni lontane ma ugualmente forti. Comacchio e Napoli dimostrano come un ingrediente possa cambiare significato, tecnica e identità a seconda del luogo, senza perdere la sua essenza.

 

di Sofia Pettorelli

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