“Fai quello che ti piace e non lavorerai un giorno nella tua vita”, ha detto qualcuno. E se appena dopo l’avvento dei social network nella nostra vita, questa sembrava la citazione da tatuarsi, col tempo è diventata un po’ una frase da “boomer”, come dicono quelli della GenZ. Rimane indiscutibile che fare della propria passione un lavoro, non è poi così male. Ce l’ha raccontato Micheal Belissa, uno dei Maître Fromager più influenti di Francia, e non solo.
Ma cosa fa un Maître Fromager? Avete presente il sommelier che a ristorante si occupa dei vini? Benissimo, il Maître Fromager è un esperto di formaggi. Li conosce, li degusta, li racconta e spesso, come ci ha raccontato Michael, li produce o li personalizza.
In occasione della prossima edizione di B2Cheese, la Fiera Internazionale Lattiero Casearia dedicata ai professionisti del settore che si terrà a Bergamo il 25 e il 26 settembre, abbiamo conosciuto e intervistato Michael Belissa che ci ha raccontato la sua storia di avvicinamento ai formaggi e come si diventa Maître Fromager.
Se il formaggio è la vostra ossessione (perché abbiamo capito che passione non basta), potrete tentare di diventare Maître Fromager. A quel punto farete quello che vi piace ma, spoiler, lavorerete e anche parecchio.
Intervista al Maître Fromager Michael Belissa
Micheal Belissa è un uomo dalle mille vite, ha 48 anni e quando era solo un ragazzo temeva di non avere tempo a sufficienza per fare tutto quello che aveva in mente. Ma la sua grande energia e il suo inesauribile entusiasmo l’hanno portato per strade che neppure si aspettava. Dalla Francia, all’Italia, passando per Egitto e Algeria, Michael si è costruito la sua posizione all’interno del mondo del formaggio ed è diventato uno dei punti di riferimento di questo settore per la Francia, patria dei prodotti caseari, e non solo. Ha fatto l’attore, ha venduto mobili e poi scarpe, ha gestito locali notturni e ristoranti a Roma, ha studiato filosofia alla Sorbona di Parigi, ma oggi vive in una piccola cittadina vicino Parigi e gestisce il suo ristorante e la sua fromagerie, l’uno accanto all’altra nella stessa via.
Come mai hai deciso di aprire una fromagerie e di diventare Maître Fromager?
Perché ho lavorato tanto all’estero e quello che mi mancava di più quando ero fuori dalla Francia era proprio il formaggio. Poi avevo la curiosità di comprendere bene il prodotto più che le ricette. Gestire un ristorante è bellissimo, ma se non conosci bene la materia prima non puoi fare buone ricette, non come le intendo io.
Qual è stato il tuo percorso all’interno di questo settore?
Dopo aver capito questa passione e che volevo conoscere molto bene il formaggio, ho avuto una fortuna. Una mia cara amica che aveva una piccola fromagerie mi ha chiamato dicendomi che da lì a un anno avrebbe lasciato il locale e mi propose di rilevarlo. Ho avuto dunque un anno di tempo per fare il mio “giro di Francia”, periodo in cui ho viaggiato moltissimo e ho conosciuto tantissimi piccoli produttori. Poi ho fatto una formazione presso la federazione fromager de France. Nonostante questo non mi sentivo ancora all’altezza e quindi ho fatto tantissimi corsi, sono diventato giudice di diverse selezioni. Ancora oggi quando ho qualche ora libera o durante il fine settimana, vado a conoscere nuovi produttori. È un lavoro in costante evoluzione che necessita di scoperta continua.
Sei specializzato solo in formaggi francesi o conosci anche i prodotti caseari fuori dal confine?
Sono artigiano fromager da 10 anni e da 3 anni sono stato eletto Maître Fromager dalla federazione internazionale. Organizzo formazioni di formaggi francesi in Francia e all’estero da diverso tempo. Ad un certo punto della mia carriera da formatore mi sono reso conto che è splendido conoscere i formaggi francesi, ma che è necessario conoscere anche altre eccellenze di questo settore e quindi ho organizzato una formazione sul Parmigiano Reggiano.
Cosa significa essere un artigiano fromager?
Non siamo veri e propri produttori, ma possiamo effettuare delle trasformazioni su un formaggio fornito da un produttore. Nei nostri locali possiamo affinare e invecchiare il formaggio che ci è arrivato da un casaro. Uno dei formaggi che sta andando moltissimo in questo momento è ad esempio quello con il tartufo. Io non lo compro già fatto, il produttore me lo consegna “neutro” e poi io lo affino a seconda dei miei gusti. Abbiamo degli spazi dedicati all’affinamento dove ad esempio ripongo tome giovani sottovuoto, le giro periodicamente e le faccio invecchiare a mio gusto. Questo fa si che nella mia fromagerie non troverete mai uno stesso formaggio già assaggiato in un’altra realtà e viceversa, ognuno avrà il suo stile. Per questo parlo di continua scoperta per il palato.
Quali sono, se ci sono, i parametri per riconoscere un buon formaggio?
Non è esatto dire che esistono dei parametri oggettivi. Bisogna prima di tutto affidarsi alla vista, un formaggio può essere bello o non bello, ma non significa tutto. È necessario controllare la texture, che significa qualcosa ma non tutto. Poi si passa al profumo, che è importante certo, ma anche questo non è un parametro assoluto. La cosa fondamentale per riconoscere un buon formaggio è certamente il gusto, ma il gusto è soggettivo. Ognuno ha la sua madeleine di Proust che è il nostro palato primordiale se vogliamo, quindi in me magari un formaggio rievoca un gusto importante a livello emozionale e a qualcun altro no, motivo per cui nelle fromagerie come la mia ci sono 400 tipi di formaggio e non soltanto uno. Posso con certezza dire quali sono i difetti di un formaggio e riconoscere un prodotto di scarsa qualità, ma riconoscere un buon formaggio è un tema soggettivo.
Quali sono le eventuali tecniche di assaggio o come si procede ad una degustazione di formaggio?
Ogni paese ha tecniche diverse, ma alcune sono simili. Quando ci sono degustazioni di tanti formaggi si chiamano più giudici perché un palato non è in grado di giudicare più di 30-35 formaggi. Dopo 30-35 assaggi il palato è come se azzerasse i sapori successivi. L’acqua, tra un assaggio e l’altro, non serve a niente. Serve invece la mela verde, che con la sua acidità è in grado di neutralizzare il palato dal grasso del formaggio. Per molti Maître Fromager è importante che un formaggio abbia una storia, che racconti la produzione, il territorio, le tecniche. Questi sono tutti parametri che influiscono sull’assaggio.
Quali sono gli ultimi trend di settore?
Sicuramente le persone oggi vogliono mangiare il prodotto in purezza più che nelle preparazioni. Sono tornati i taglieri di formaggi da condividere all’aperitivo. I formaggi al tartufo vanno alla grande, prima questi erano prodotto solo natalizi, adesso vengono richiesti tutto l’anno (parliamo della Francia, ndr). Un altro trend è la curiosità, le persone sono più curiose. Negli anni ‘60 una fromagerie aveva circa 40 formaggi, oggi ne abbiamo anche 400 e le persone provano sempre cose nuove pur avendo le loro preferenze e le loro madeleine de Proust.
Il mio compito è quello di aiutare i produttori a realizzare il migliore formaggio del loro
territorio ispirandosi a vecchie ricette o creandone di nuove.
di Claudia Concas